┼ Missa Est ┼
1.8.04

 
Nazionalità Suicida









Sono sempre 4 maledette mura bianche, ci vorremmo i gioielli
tridimensionali astratti ma ingombranti; quanto è trasparente
il fuoco degli occhi che s'impaglia facendosi i buchi nel cuore
si posa e trasfonde, si spoglia e denuda, vola via nei frantumi

Ma cos'è il tempo che non si ha, lo si perde cercandone i suoni
coagulando nelle vene per morire soffocati nel respiro, a vuoto

E radente al muro passano i cigli dei fazzoletti bianchi
se ci appoggi l'orecchio sei pazzo, ma se li senti
scrivimi una poesia che racconta di guerre fra grani
di polvere sollevata sbadigliando nell'acqua sporca

L'arcidiavolo con le pinne snocciola gli epiloghi di tutte le malattie
mi saluta o mi uccide, non vedo bene, le mani però si sfiorano stanche

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Elettro candido e panacea visibilmente intaccata dagli insetti
che sembra sciogliere le vergini nel fango, oscurare le fiamme
irradiare le piaghe sulle ossa di ghiaccio dal lume velenoso
le sposto sullo schermo al neon per un graffio che urla DIO, DIO

solo lui lo vuol fare, come una foresta che marcisce senza nessuno
che la rimpiange, senza vermi a soffrire il troppo cibo e scoppiare
nel rumore sordo dell'ape regina quando tutti ormai l'hanno in coda
e schiacciata dal peso dell'alveare riscuote la dovuta morte

"così io", disse il pescatore di salme, che ho guardato nelle scollature
le vergini di cotone piegate sul sale e sul limone di sera, ubriache

e se fossero gambi rosa quelli dei fiori, a piegarsi nel vento materno
che genera corti di poeti e cortesi signori dalla tenera ombra (e lama)

mi perdo a fiato nel frastuono degli archi, di terra e paesi diroccati
ricordati dal fatto che non sottendo più la vita antica che porta
la fine in mano, dono al vetro fra cui mi vedo
paralizzare











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