┼ Missa Est ┼
20.8.04

 
cnun te cih (con te ora) :: a quaranta mani con la propria zia Lilli Hofer





cnun te cih

vento nel mutuo corpo spermatofora, riassorbendo
al feto come una straripazione di glassa strutturata
e il respiro che assume in sè la polvere baciata dal sole
per smentire che il burro del mattino fosse un'agonia nuova

batterio lirico, la commozione del perdono consumata
negli incroci dei canali marziani, artifici d'ali inconsolabili
sugli zigomi piallati come se rimasero incinti
all'ultimo carnevale che finiva assieme agli orgasmi di tutti

amore, incolpami di coda, sulle falene dell'armadio
mentre scegli il vestito per aspettarmi inerte
otto infinite gambe senza strumenti a corda

ribollita di arpie, radiocomando per le vedove
vita frantumata in digitale, sorridente bimbo dello spot
che mi raccoglie un fiore eterno dai pannolini

e sciami di esecuzioni capitali a buttarsi le braccia al collo
frangesguardi a doppiovento precisi ai nodi che sfracella
dondolando nei metri del baldacchino come sale filato
cabriolet che sogna nell'angolo la neve sopra i materassi

visti da dentro, le angustie dell'infanzia nel colmo dell'impronta
delle spazzanevi cattive se mangiano brividi, e l'ovatta, solo minuti fa
fare la pancia, le decorazioni e nelle scarpe tutto il trangugiare
fiocchi profondi nella pala, piccolo, qua è la una banderuola, un groppo

ma tu basta che suoni, e guardi da sé chissà dove, arrivando al fosforo

e i folli sgominature appena accennate, io che vorrei respirare la menta
del paradiso appena bruciata nella carta, solipsi come il nome di un nuovo
ghiacciolo per bimbi manticora di flauti avvelenati, grondanti labbra orali

ma cosa sto dicendo alle tre del mattino a chi voleva solo un sorriso
riprodotto enumerato alle audaci retromarce, che non grida fino in fondo
avvolto nel diluvio chiaroscuro, che non cola la capsula papavero sotto
la cataratta

sull'ararat e lassù non si respira che il bilico della particola succhiata
semmai m'imbatto anacronismo in qualche gelo prima dei rimbombi quando
la mano azzurra è come l'equiseto e quella sinistra al buio viene chiara

succhiare l'indolore a tutti i buchi è la sutura delle crepe capillari
a labbrafinite di ferite sulla fronte e filamenti ovunque di cavetti e fibre
come sui lacci per le vene che sgocciano cuorerosario a milligrammi l'atropina

che sono caduto dal cielo maledicendo, che ovviamente sono l'ira
del dio che da adesso esiste e mi cerca, buono e perdono, voyeur
che sono salito nell'inferno a giudicare, mentre se parlavo alzavo solo
polvere di occhi morti da tempo nel suono continuo di tutte le disperazioni






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